NINNA NANNA: SIGNIFICATO E IMPORTANZA

Tra i diversi generi letterari, cosa è più vicino al mondo dei piccoli della ninna nanna, o comunque di quelle nenie/filastrocche/tiritele inventate o rubate alla tradizione per accompagnare i piccoli al sonno? Un rituale, questo, che ci porta ad antiche sensazioni di dolcezza e di tenerezza. Un rito che risulta appagante in sé, capace di sprigionare carica tranquillizzante e coinvolgimento emotivo potente. Ciò, molto probabilmente, spiega la capacità di resistere ai tempi e alla modernità. In effetti il rituale della ninna nanna si ripete, dicono gli studiosi, dai tempi antichi e a tutte le latitudini, percorrendo trasversalmente le diverse culture, a conferma che da sempre e ovunque il momento dell’abbandono al sonno comporta il bisogno della vicinanza fisico-affettiva diretta, che favorisce la calma, la rassicurazione, forse la fiducia nel risveglio. E’ interessante notare come, nell’arco tempo, gli elementi del rito si siano mantenuti sostanzialmente immutati: il ritmo, semplice, essenziale, una modulazione vocale cantilenante, fatta di parole che si ripetono e l’ accompagnamento corporeo del dondolare, del cullare, della stimolazione tattile. Ritmicità, musicalità, vocalità e corporeità sono dunque i pilastri che caratterizzano strutturalmente le ninne nanne e che favoriscono un rapporto intenso tra bambino e adulto, una comunicazione profonda e lo scambio reciproco di affettività. L’esperienza, ripetendosi puntualmente ad ogni sonno, sempre ugualmente rassicurante, sempre totalmente differente, va ad alimentare il senso di sicurezza personale e di fiducia in sé e nell’altro. Adulto e bambino sembrano “guidarsi” a vicenda: la mamma comincia, la sua voce è sommessa, quasi sussurrata, modulata su strutture semplici nella loro progressione basilare, inducendo alla calma, ma è il bambino che dirige il successivo andamento della modulazione. Come, infatti, il piccolo si tranquillizza, la mamma lo “sente” e istintivamente abbassa la voce, rallentando il suo cantilenare. Come poi il piccolo si abbandona al sonno, la modulazione cambia ancora: i toni si abbassano, le parole vengono appena sussurrate, diventando quasi impercettibili e si annullano nell’ultimo dondolio. Tutto questo porta a dire che il rituale pre – sonno non può essere inteso come semplice vicinanza fisica, va piuttosto interpretato come momento di autentica “fusione comunicativa”, è legame dialogante, che porta benefici al bambino ma anche all’adulto. Qualcuno ha efficacemente scritto che il rituale della ninna nanna è dimostrazione d’affetto, ma è nel contempo “nutrimento d’affetto” e tale nutrimento orienterà la capacità di aprirsi e di porsi in relazione attiva verso gli altri, negli anni a venire . Da questa relazione /interazione, è ovvio, il bambino trae un effetto immediato: la tranquillità necessaria per riuscire ad addormentarsi. Gli studiosi, tuttavia, dicono che il vantaggio non si limita a questo. Dice ad esempio Leydi: “La funzione […] non è solo l’addormentare i bambini, ma anche quella di avviare il processo di inculturazione del nuovo nato (e inculturazione non soltanto musicale) […]. Attraverso le ninne nanne infatti i bambini iniziano a conoscere le strutture linguistiche e musicali, l’uso delle parole e dei modi di dire, i personaggi, le abitudini, le tradizioni del proprio ambiente familiare e culturale, immergendosi – forniti di guida –  nell’universo simbolico di significati che li circonderà da adulti.” La ninna nanna è, in effetti, gioco- parola, è gioco- ritmo, è struttura onomatopeica, è parola ripetuta, è esercizio di ascolto e di imitazione, é percorso di fantasia, è forma elementare di conoscenza. Il tutto proposto a livelli elementari, mediante strutture così semplici da risultare facilmente accessibili al bambino, anche piccolissimo. E’ così che le ninne nanna, le filastrocche, le nenie e le tiritele diventano strumenti che concorrono allo sviluppo dell’apprendimento linguistico, all’affinamento dell’orecchio musicale, alla costruzione del senso ritmico, all’esercizio della capacità d’ascolto, alle primissime esperienze simboliche di un determinato contesto. Un apprendimento che, tuttavia, non può prescindere dalla dimensione relazionale in cui avviene, proprio a partire dal contatto con la figura protettrice di turno per propiziare il sonno Non va peraltro dimenticato che studi recenti confermano la capacità del bambino di cogliere già alla nascita le modificazioni vocali, in termini di tono, altezza e timbro e di reagire a queste variazioni, esprimendo senso di benessere, eccitazione, attenzione, rilassamento. La voce coinvolge quindi la mente, l’emozione e il corpo. Anche l’adulto trae un certo beneficio dall’interazione con il bambino: la creazione di un rapporto esclusivo, intensamente connotato sul piano emozionale, favorisce infatti l’espressione dei suoi sentimenti personali, determinando così un rinforzo potente al ruolo di accudimento. Ma come avviene oggi l’accudimento? Se fino a pochi decenni fa l’accompagnamento al sonno era quasi esclusivamente di pertinenza femminile e coinvolgeva essenzialmente la mamma, la nonna, la zia, negli ultimi anni la cura dei figli, soprattutto dopo il primo anno di vita, vede protagonisti attivi anche i papà e i nonni. E questo non può che essere motivo di apprezzamento. Ma con la diffusione massiccia della tecnologia, qualcosa è sostanzialmente cambiato sul piano della relazione. E’ risaputo che gli strumenti tecnologici si sono prepotentemente infiltrati, ahimè, negli spazi di relazione diretta adulto-figlio, diventando in non pochi casi vere e proprie presenze sostitutive dell’adulto stesso. Succede così, che anche là dove la presenza del genitore continua ad esserci, è spesso presenza muta, frettolosa, e “la magia” della condivisione e del legame interpersonale è debole, spesso marginale , ridotto ai primissimi anni di vita,quando la dipendenza dall’adulto è totale. Di fatto il significato “di cura” dei bambini di oggi, appare enfatizzato su piano delle attenzioni alla salute fisica ed “esteriore”, ma molto ridimensionato (spesso minimizzando) sul piano della relazione interpersonale e della dinamica comunicativa. La fretta, la stanchezza, i ritmi frenetici degli adulti sono i parametri su cui si regolano le relazioni adulto /bambino, spesso sostituite da Tv, Cd, Dvd. Il contatto, la relazione che sia interazione affettiva , la mimica facciale, le variazioni timbriche ecc… non sono certamente un’esclusiva del rito dell’accompagnamento al sonno e appartengono a molti altri momenti della vita quotidiana, tuttavia è in quel particolare momento, delicato e portatore di ansia e paure, che risultano essere tradizionalmente necessari e motori di sviluppo delle capacità di condivisione, di relazione, di comunicazione.

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